Conoscendo e ricoprendo l'evoluzione umana,
possiamo comprendere le nostre origini e il lascito
delle antiche civiltà per il presente.
 
 
 
 
 
 
 
Fino a poco più di un secolo fa nessuno pensava che l'uomo potesse aver avuto origine da una lenta e graduale evoluzione, poiché coerentemente a quanto riportato nelle sacre scritture si riteneva che fosse una creatura speciale, creata da Dio a Sua immagine e somiglianza e pertanto profondamente diversa da tutti gli altri esseri viventi. Fu soltanto nel 1859 con la pubblicazione dell'opera "On the Origin of Species by Means of Natural Selection" (L'Origine della specie per mezzo della selezione naturale) del biologo e naturalista britannico Charles Darwin che si ebbe una svolta scientifica epocale. Nel libro Darwin spiega la sua teoria, secondo la quale alcuni individui di organismi in competizione tra loro per le risorse naturali di una stessa specie si evolvono gradualmente nel tempo attraverso il processo di selezione naturale, dove chi sopravvive è sempre l'individuo più forte della specie. Nel 1871 il naturalista pubblicò il volume intitolato "The Descent of Man and Selection in Relation to Sex" (L'Origine dell'uomo e la selezione sessuale) in cui amplia e completa l'idea  di una selezione naturale valida anche per la nostra specie. Secondo Darwin uomo e scimmia dovevano aver avuto, in un tempo non molto lontano, antenati comuni, così come due cugini hanno dei nonni o dei bisnonni. Il mondo accademico fraintese questa ipotesi, alimentando la falsa convinzione che l'uomo discendesse dalle scimmie, al fine di distaccarsi dalla mentalità creazionista e creare una nuova teoria, quella evoluzionista. Il naturalista afferma nei suoi scritti: "Infine, se la mia teoria è veritiera, innumerevoli varietà intermedie, anelli di congiunzione tra le specie dello stesso gruppo devono certamente essere esistite. Allora, perché non le troviamo incastonate in misura considerevole nella crosta della terra?" La comunità scientifica si mise alla ricerca di tracce sulla storia evolutiva umana due secoli fa, ritrovando alcuni reperti fossili e utensili in Africa, in Asia e in Europa usati dalla specie Homo, antenati dell'uomo moderno.
 
 
Il nostro antenato più antico e famoso denominato “Lucy” fu scoperto il 24 novembre 1974 nella regione di Afar in Etiopia da parte di Donald Johanson e risalente a 3,2 milioni di anni fa. La scoperta fu fondamentale per designare l'evoluzione della nostra specie. Dall'Australopitecus si sviluppò un'altra razza, la prima specie del genere Homo conosciuta come Homo habilis, scoperta nei primi anni sessanta dai coniugi Leakey nella gola di Olduvai in Tanzania e databile dai 2,5 ai 1,5 milioni di anni fa. Furono rinvenuti attrezzi di pietra per cacciare e mangiare e altre abilità “umane” che lo differenziano dagli australopitechi. Tra 1,8 e 1,3 milioni di anni fa comparve l'Homo erectus, scoperto nel 1891 in un giacimento nell'isola di Giava da parte di Eugéne Dubois. Questa specie fu la prima a lavorare pietre bifacciali rispetto alle altre specie e sapeva utilizzare il fuoco. L'altro passo significativo avvenne con la scoperta dell'Uomo di Neanderthal, il primo ritrovamento di ominide nella storia. Nel 1856 furono scoperti nella valle del fiume Neander presso Düsseldorf in Germania fossili di alcune ossa strutturalmente simili a quelle umane e questa razza primitiva umana che visse dai 200.000 ai 50.000 anni fa venne denominata “Homo di Neanderthal”. Rispetto ai precedenti omidi fu un “Homo” molto evoluto caratterizzato da un comportamento sociale avanzato e in possesso di tecnologie litiche piuttosto raffinate. Resti di Homo Sapiens furono ritrovati in Africa e sono databili circa 200.000 anni fa. Recentemente è stata scoperta una nuova specie di ominide, l'Homo di Denisova, i cui resti sono stati trovati nei Monti Altaj in Siberia nel 2008. Questa razza arcaica apparve sulla Terra 40.000 anni fa circa e visse e probabilmente si incrociò con varie specie del genere Homo, generando discendenti ibridi tra l'uomo moderno e l'uomo arcaico.  L'unica specie Homo ancora vivente sulla Terra classificata come Homo sapiens sapiens (sarebbe l'uomo moderno) comparve circa 35.000 anni fa. Il primo esemplare, il nostro diretto antenato ritrovato, fu l'Homo di Cromagnon, scoperto dal geologo francese Louis Lartet in una grotta della Dordogna in Francia nel 1878.  
 
 
 
Nonostante sia possibile delineare gli stadi evolutivi che a partire dall'Australopitecus ci hanno condotto all'Homo sapiens sapiens, numerosi ritrovamenti rimettono in forte discussione la teoria evoluzionista. In questo articolo riportiamo alcuni dei ritrovamenti più significativi che riguardano le esplorazioni archeologiche e i rinvenimenti fossili degli ultimi due secoli  in cui sono stati rinvenuti resti di Homo sapiens antichi di milioni di anni, altre specie di Homo che convivevano insieme e altre antiche razze antichissime descritte nelle mitologie e testi sacri delle antiche civiltà. 
 
I RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI UMANI
 
HOMO SAPIENS risalente ad almeno 3 milioni di anni fa - Alcuni riscontri archeologici e paleontologici degli ultimi 150 anni dimenticati o non presi in considerazione sono stati ripresi e presentati nel libro “Forbidden Archaeology” (Archeologia Proibita) scritto dal ricercatore di storia e filosofia della scienza Michael A.Cremo e dal ricercatore di biologia dell'evoluzione Richard L. Thompson. Nel libro viene dimostrato con prove alla mano che l'Homo Sapiens è databile almeno 3 milioni di anni, indicando come gli schemi della teoria dell'evoluzione umana siano tutti da rivedere alla luce di questi reperti e riscontri.
 
 
IMPRONTE DI HOMO SAPIENS di 3 milioni e 600 mila anni fa - Una scoperta eccezionale avvenne nel 1979 da parte di alcuni ricercatori al lavoro in un sito dell'Africa orientale, Laetoli in Tanzania, dove furono scoperte impronte di piedi nei depositi di ceneri vulcaniche risalenti a più di tre milioni e seicentomila anni fa. Mary Leakey, archeologa e paleontologa inglese, dichiarò che queste impronte non potevano essere distinte da quelle di esseri umani moderni. Secondo il fisioantropologo R.H. Tuttle dell'Università di Chicago le impronte dei piedi degli australopitechi che esistevano a quell'epoca, presentavano caratteristiche del tutto scimmiesche, incompatibili con le orme di Laetoli.
 
 

PUNTE DI FRECCIA E UTENSILI IN PIETRA di 9 sino a 55.000.000 anni fa - Nel 1880 il professor J.D. Whitney, geologo dello Stato della California, pubblicò un accurato resoconto su utensili di pietra di accurata fattura rinvenuti nelle miniere d'oro californiane. I reperti, comprendenti punte di freccia e mortai di pietra con i relativi pestelli, risalivano dai 9 ai 55.000.000 di anni fa. W. H. Holmes, della Smithsonian Institution, uno dei critici più espliciti in merito ai ritrovamenti, scrisse: “Forse se il professor Whitney si fosse pienamente reso conto di come sia intesa oggi la storia dell'evoluzione umana, avrebbe esitato ad annunciare le conclusioni a cui era giunto, nonostante l'ingente quantità di testimonianze alle quali si era trovato di fronte”. In altre parole, se i fatti non erano in accordo con le teorie ufficiali, anche se possedevano una schiacciante evidenza, dovevano essere messi da parte.

SCHELETRO FEMMINILE DI HOMO SAPIENS di 3-4 milioni di anni fa - Nello stesso periodo Giuseppe Ragazzoni, eminente geologo dell'Istituto geologico di Brescia, trovò a Castenedolo in provincia di Brescia, mentre raccoglieva in una cava conchiglie degli strati del Pliocene, frammenti di fossili umani. Il 16 Febbraio del 1879 nello stesso sito vi fu il ritrovamento di un intero scheletro con caratteristiche anatomiche femminili del tutto attuali. Ragazzoni asserì “Lo scheletro trovato il 16 Febbraio si è presentato ad una profondità di più di un metro nell'argilla blu che sembra averlo ricoperto molto lentamente”. I geologi odierni situano l'argilla blu di Castenedolo nella fase astiana del medio Pliocene, cosa che daterebbe lo scheletro trovato tra i 3 e i 4 milioni di anni fa. Successivamente nel “Textbook of European Archaeology”, scritto nel 1921 dal professor R. A. Macalister dichiarò: “Accettare una data del Pliocene per gli scheletri di Castenedolo vorrebbe dire creare molti problemi insolubili, tali da non consentirci quasi alcuna esitazione nella scelta tra l'alternativa di accettare o respingere la loro autenticità”.

 
 I RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI DEI GIGANTI
 
Oltre ai resti della specie Homo sapiens antichi di milioni di anni sono stati rinvenuti altri scheletri di esseri umani giganti di varie altezze in tombe mastodontiche. I giganti sono presenti nei testi sacri e racconti di ogni civiltà, come nell'Antico Testamento, nei miti greci o nel poema epico indiano Mahbaratta. Uno dei più famosi giganti antichi fu Golia di Gat, sconfitto dal giovane Davide, che doveva essere alto circa 2 metri e 75 cm. Lo storico romano Giuseppe Flavio nel 79 d.c. parlando del popolo degli Ammoriti dice “In Ebron c'erano ancora le tracce della razza dei giganti, che avevano corpi così grandi, e volti totalmente diversi dagli altri uomini, che essi erano sorprendenti alla vista e terribili all'udito. Le ossa di questi uomini sono ancora in mostra al giorno d'oggi.” Hernan Cortes, durante la sua conquista del Messico nel XVI secolo, entrò in possesso di ossa gigantesche, che secondo gli indigeni appartenevano ad una oramai estinta razza di giganti. Il prode Cortes stesso si incaricò di spedire al Re di Spagna un “femore alto quanto un essere umano”. Anche Erodoto nelle “Storie” parla di una testimonianza di un fabbro dicendo: “Volevo fare un pozzo in questo cortile, scavai e m'imbattei in una bara di sette braccia”. Oltre a queste testimonianze storiche, altri scheletri giganti sono stati portati alla luce nella storia recente.
 
 
SCHELETRI DI GIGANTI CON I CRANI ALLUNGATI - Nel maggio del 1912 i fratelli Peterson in collaborazione con il dipartimento archeologico del Beloit College, in uno scavo realizzato presso il lago Delavan nel Winsconsin, portarono alla luce oltre 200 tumuli con effigie che furono considerate come esempio classico della cultura Woodland, una cultura preistorica americana del I millennio a.C. In seguito trovarono ben 18 scheletri giganti aventi crani allungati. La notizia fece scalpore e venne riportata dal New York Times il 4 Maggio del 1912. Oltre a questa incredibile scoperta molti altri quotidiani americani famosi riportarono notizie di scheletri e tombe enormi scoperte in varie parti degli Stati Uniti. Jim Veira, ricercatore americano indipendente, ha raccolto migliaia di riferimenti giornalistici sui giganti, ricercandoli negli archivi del New York Times, dello Smithsonian Ethnology Reports, del periodico storico American Antiquarian e della rivista scientifica Scientific American. In collaborazione con Hugh Newman, ricercatore sul megalitismo, hanno pubblicato i risultati dei loro studi nel libro "Giants on Record".
 
 
ORME UMANE DI DIMENSIONI GIGANTESCHE - Nella zona di Paluxy River in Texas nel 1938 il paleontologo Roland Bird trovò delle orme umane simili a quelle dell'Homo sapiens con dimensioni nettamente superiori a quelle dell'uomo odierno e orme di zampe di animali tridattili, ovvero di dinosauri.
Nel 1968 il geologo William J. Meister vicino ad Antilope Springs nello Yutah scoprì orme fossilizzate di due scarpe dalle dimensioni di 26,67 cm di lunghezza e 8,89 cm di larghezza, sotto le quali era impressa un fossile di Trilobite, un essere vivente scomparso 350 milioni di anni fa.
 
 
 I RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI DEI CRANI ALLUNGATI
 
Oltre a prove fossili dell'esistenza di esseri umani giganti, sono stati trovati scheletri fossili umani aventi un cranio dalla conformazione allungata, sia deformati intenzionalmente che naturalmente, di diverse misure in moltissime culture antiche. Il termine usato per identificare tale fenomeno si chiama “dolicocefalia”, ovvero un allungamento non conforme coerente alla capacità cranica del cranio medio attuale. Molte culture antiche praticarono questa deformazione del cranio già dai 7 mesi di età a scopo mistico e ritualistico per assomigliare o diventare come gli esseri divini che avevano molto probabilmente quella forma naturale del cranio. Nell'ipogeo di Hal Saflieni a Malta sono stati trovati circa 7000 scheletri che furono esaminati dall'archeologo maltese Themistocles Zammit nel 1921. La maggior parte hanno una conformazione artificiale, ma altri presentano una dolicocefalia naturale senza la presenza della sutura mediana, ovvero una formazione naturale del cranio.
 
 
Questi crani dolicocefali sono stati trovati dall'Egitto al Sudamerica e si distinguevano per la loro posizione elitaria nelle civiltà antiche. Sia i sacerdoti che i regnanti come la famiglia reale egizia di Akhenaton erano contraddistinti dal cranio allungato. Nel 1928 in Perù l'archeologo peruviano Julio Tello trovò per la prima volta numerosi scheletri aventi crani dolococefali. Nel Museo Nazionale di Archeologia, Antropologia e Storia di Lima in Perù vi è una collezione di almeno 300 mummie complete. Il 5% dei teschi rinvenuti a Paracas hanno una conformazione naturale. Il volume di questi crani varia dai 2200 cm3 fino a oltre 3000 cm3, rispetto alla capacità cranica di un cervello umano che arriva a 1450 cm3. Tendono ad avere ossa più sottili di quelle umane, mascelle più promimenti ed orbite oculari più grandi. La maggior parte di questi teschi hanno due fori sul retro ed è probabile che servissero per i nervi e per la circolazione sanguigna.
 
 
CONFRONTO DI DNA UMANO CON DNA DI CRANI DOLICOCEFALI - Le recenti analisi del DNA condotte dal ricercatore Brien Foerster su questi scheletri hanno dimostrato un'origine del tutto sconosciuta di questa specie e gli studi genetici preliminari confermano mutazioni sconosciute nel DNA mitocondriale non presenti in nessuna specie umana o animale a noi nota. Se questi dati sono confermati, siamo di fronte ad nuova specie umanoide ben diversa dall'Homo Sapiens, dall'Homo di Denisova e dall'Homo di Neanderthal. Ulteriori esami più approfonditi verrano svolti nei laboratori di genetica statunitensi. Finora sono gli unici esami genetici condotti su questo tipo di scheletri dal cranio allungato.
 
Queste ed altre prove fossili, facilmente reperibili facendo delle ricerche più approfondite, dimostrano insieme ad altre centinaia di rinvenimenti come l'origine dell'uomo moderno non possa essere facilmente individuata e scandita da passaggi evolutivi netti e definiti. Alla luce delle scoperte e dei ritrovamenti più recenti, la teoria evoluzionista secondo cui gruppi di individui di una stessa specie si evolvono gradualmente nel tempo seguendo la selezione naturale non è sufficiente per spiegare i ritrovamenti di una specie in epoche diverse da quelle riferite probabili per quella specie e la coesistenza di varie specie nello stesso periodo storico. La presenza di molte altre specie umanoidi, giganti e altre specie con i crani allungati testimonia la convivenza di più specie diverse in un remoto passato come un lascito storico che riecheggia in tutte le epoche sino ai nostri giorni.