Ad ogni relazione, uno specchio.

 

 

 

 

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QUINTO SPECCHIO

Nella mia  opinione questo modello di rapporti umani, il quinto specchio esseno, è forse il più potente in assoluto, perché credo ci permetta di vedere meglio e più profondamente degli altri la ragione per cui abbiamo vissuto la nostra vita in un dato modo. Esso rappresenta lo specchio che ci mostra i nostri genitori nel corso della nostra interazione con loro. Attraverso questo specchio ci viene chiesto di ammettere la possibilità che le azioni dei nostri genitori verso di noi riflettano le nostre credenze e aspettative nei confronti di quello che potrebbe configurarsi come il più sacro rapporto che ci sia dato di conoscere sulla Terra e cioè il rapporto fra noi e la nostra Madre e il nostro Padre Celeste, vale a dire con l’aspetto maschile e femminile del nostro creatore, in qualunque modo lo concepiamo. E’ attraverso il rapporto con i nostri genitori, che essi ci mostrano le nostre aspettative  e credenze verso il rapporto divino. Per esempio se ci troviamo a vivere un rapporto con genitori da cui ci sentiamo continuamente giudicati o  per i quali anche fare del nostro meglio non è mai abbastanza, è altamente probabile che quel rapporto rifletta la seguente verità: siamo noi che crediamo, dentro di noi, di non essere all’altezza e che forse non abbiamo realizzato quello che ci si aspettava da noi attraverso la nostra percezione di noi stessi fino al Creatore. Questo è uno specchio potente e molto impalpabile, che, forse più di altri, ci  può svelare perché abbiamo vissuto le nostre vite in un determinato modo. Tale specchio ha avuto un impatto incredibile nella mia vita. Un impatto ricco di implicazioni. Condividerò con voi una frase che poi studieremo da moltissime angolature, discutendo questo specchio in dettagli, perché la frase è molto ricca di significati.  Prima però vi faccio notare che esistono ben pochi assoluti, che ci sono sempre delle eccezioni e che l’argomento che stiamo per affrontare va visto come una ricerca di modelli generali. Se, mentre vi parlo, sentite una voce interiore che dice: “Non è assolutamente così!” è possibile che abbiate appena contatto un’informazione molto potente nella vostra storia personale e che  vi venga chiesto ora di decidere se questo è il momento opportuno  per prenderne coscienza. Se la risposta è “si”, vuol dire che avete gli strumenti per farlo, se è “no”, voi avete sentito quali sono questi strumenti. Quindi, se mentre vi parlo provate un’emozione, oppure se la vostra temperatura corporea  sale un po’, o se il battito del vostro cuore aumenta, o  se  sentite un formicolio alle dita (è un po’ come quando si  è innamorati), forse vi sta succedendo ciò che vi ho appena preannunciato. Una risposta di questo tipo si realizza solo quando vi viene mostrato qualcosa di così profondo che in passato avete scelto di allontanarvene. Quindi la cosa da tener presente riguardo questo specchio è la seguente: a prescindere dalle caratteristiche che avete condiviso, pur senza giudicare, senza pensare al giusto e allo sbagliato, visto che stiamo lavorando sullo specchio della polarità che presenta solo segni positivi o negativi, c’è una buona probabilità che le parole che usate per descrivere i vostri genitori come li vedete oggi, da adulti, abbiano pochissimo a che fare con le persone di questa terra che voi chiamate mamma e papà.
 
E’ molto probabile che le parole che usate per descrivere i vostri genitori terrestri, vi servano a descrivere uno specchio che i vostri genitori hanno retto impeccabilmente dinanzi a voi, per darvi  una visione del  rapporto più sacro che è dato conoscere sulla Terra. E’ anche molto probabile che il modo in cui  percepite i vostri genitori sulla Terra, rappresenti lo specchio delle vostre aspettative verso il rapporto che intrattenete con la Madre e il Padre celesti. Lo ripeto: c’è una buona probabilità che il modo in cui vedete  o come descrivete i vostri genitori, le parole  che usate, siano quelle che descrivono le aspettative che avete sul rapporto con la vostra madre e il vostro padre divino. L’argomento può essere inquadrato da molte angolazioni. E lo faremo dettagliatamente fra poco per mezzo di un piccolo esercizio. Vi chiedo: è possibile che i vostri genitori, nell’invitarvi inconsciamente o consciamente in questo mondo, si  siano assunti una responsabilità sottintesa di cui la nostra cultura si è dimenticata? Secondo la quale la madre e il padre terrestri, che ci mettono al mondo e si prendono cura di noi sarebbero dei surrogati, cioè l’approssimazione più vicina all’aspetto materno e paterno del nostro creatore Divino? Noi sappiamo che in realtà il Creatore non ha un’identità sessuale, non è né una madre, né un padre, bensì per così dire “una forza” in mancanza di una parola migliore in inglese. Vi chiedo ancora: “E’ possibile che i vostri genitori vi abbiano amato così tanto e forse a dei livelli  di cui non sono stati e non sono essi stessi coscienti, da riuscire  a reggere impeccabilmente davanti a voi uno specchio capace di mostrarvi, come voi concepite il rapporto non tanto con loro, ma con il vostro padre divino e la vostra madre divina?. E’ possibile che le volte in cui avete percepito la rabbia dei vostri genitori verso di voi in realtà abbiate percepito quella che credevate essere la rabbia del vostro Creatore verso di voi? E’ possibile, infine che, quando i vostri genitori sono  orgogliosi di voi, vi danno l’incoraggiamento che vi fa sentir bene, voi in realtà stiate sentendo qualcosa che proviene dal vostro creatore? E’ possibile?
 
 

 
 
Se è vero che gli specchi funzionano, io credo che questo sia precisamente ciò che accade.  Credo che ci sia una buona probabilità che gli esseri umani siano capaci di amare a livelli così taciti e profondi da riuscire a scambiarsi questi  specchi con grande precisione e credo anche che i nostri genitori hanno fatto proprio questo per noi. Con ciò non voglio sottintedere alcuna scusante per i loro comportamenti.  Vi chiedo semplicemente di  ammettere la possibilità che in effetti il rapporto con i vostri genitori o con chi vi ha allevato, nel caso siate siate stati adottati o abbiate vissuto in un orfanotrofio, vi abbia permesso  di vedere uno specchio, nel quale siete riusciti a percepire le vostre credenze e aspettative su come credete che il vostro Creatore vi concepisca e su come voi lo concepite. Cosa provate pensando alla  possibilità che i vostri genitori vi abbiano mostrato questo  specchio? Ha un senso per voi? Proviamo a fare un esercizio.  Vi invito a chiudere gli occhi e a fare un respiro profondo alla maniera dello Yoga, spingendo fuori il ventre durante l’inspirazione, in modo da far scendere bene il diaframma.  Fate una breve pausa, poi espirate contraendo leggermente i muscoli del ventre.
 
Ora vi chiedo di rivolgere a voi stessi il seguente invito: “Io acconsento a sentire. Io mi permetto di sentire”. Ripetete mentalmente: ”Io acconsento a sentire, Io mi permetto di sentire”. Datevi anche il permesso di ricordare, dicendovi: “Acconsento a ricordare” ripetetevi mentalmente: “Io ricordo, io acconsento a ricordare”. A questo punto vi pongo una domanda: “Se qualcuno  venisse da voi e vi dicesse che vi resta un solo minuto sulla Terra, trascorso il quale non sarete più presenti qui né potrete  più comunicare con coloro che amate e che, durante quel minuto voi potreste dire qualunque cosa ai vostri genitori terrestri, cosa direste?” Che parole scegliereste?  Vi invito a condividere con me le parole che usereste durante quel minuto. “Noi siamo uno”, “Sii felice”, “Ci vediamo presto”, “Ti voglio bene”. Va bene, ora se qualcuno venisse da voi e vi dicesse che vi resta un minuto da vivere in questo mondo in compagnia di coloro che amate e che in quel minuto voi potreste udire la voce di vostra madre o di vostro padre, dirvi qualunque cosa, che cosa vorreste sentirvi dire da vostro padre o da vostra madre? Vi invito a condividere con me quelle parole. Cosa vi piacerebbe di più sentirvi dire?
 
Tenete gli occhi chiusi inspirate profondamente ed ascoltate. In quel minuto voi potreste udire qualunque frase. Mi rivolgerò agli uomini per primi: Signori se voi poteste udire una qualunque frase rivolta a voi dal vostro Creatore, lo udireste dire: “Figlio mio sono orgoglioso di te, figlio mio, ti voglio bene, Hai agito bene. Grazie, figlio mio”. Ed ora alle donne: Signore, se voi poteste udire queste parole: “Figlia mia grazie! Hai agito bene! Figlia mia, torna a casa!” Cosa provate  nell’udire queste parole? Riuscite a percepire una sensazione nel vostro corpo? Perché? In fondo sono solo parole?  E’ possibile che abbiamo trascorso la maggior parte della nostra vita credendo di cercare amore rispetto e approvazione dai nostri genitori terrestri, in quanto essi sono la cosa più vicina alla nostra madre e al nostro padre divini? La realtà è questa. Nel profondo noi abbiamo sempre saputo che in realtà cercavamo l’approvazione del nostro Creatore, cercavamo il suo amore e il suo rispetto.  E’ possibile? Se è così avete appena ricevuto una grossa quantità di informazioni sul perché  avete vissuto la vostra vita in un determinato modo e su come l’avete vissuta. [...] I rapporti umani ci offrono la possibilità di guarire il rapporto con i nostri surrogati terrestri e nel fare  questo noi saniamo anche il rapporto con la controparte divina. Il tutto funziona anche all’inverso, nel guarire il rapporto con la controparte divina deve per forza sanarsi anche il rapporto con i genitori terrestri. Tutto questo non significa che, in quanto figli, siete responsabili delle malattie dei vostri genitori o  delle loro scelte di vita. Loro hanno semplicemente accettato, ad un determinato livello di consapevolezza di reggere dinanzi a voi lo specchio che riflette le vostre aspettative ed hanno scelto  come proporvi quello specchio durante la loro vita. Una volta che i genitori sono sollevati dal peso dello specchio sorge la seguente domanda: “Si ricordano della loro vera natura?” “Esiste una  parete della loro consapevolezza che fa dire loro: “finalmente mio figlio ha  compreso il messaggio, ora posso vivere la mia vita. Oppure rimangono tanto invischiati nel loro sistema di credenze da credere di essere quelle malattie. Questo è proprio il punto cruciale su cui noi stiamo lavorando tutti insieme per sanare noi stessi e per ricordare quelle possibilità.  Non vi sembra che ciò abbia un senso?  Si tratta di uno specchio impercettibile. Vi ricordate che all’inizio di questa sessione ho detto che gli specchi diventano sempre più impalpabili col nostro evolverci e che dobbiamo affrontare quelli più ovvii prima di poter vedere i più sottili. Siccome si tratta di specchi, il bello è che funzionano in entrambi i sensi.  E questo è importante, perché non ci limitiamo di certo ad esaminare i casi negativi, infatti anche quando percepiamo i nostri genitori come esseri affettuosi, saggi, vulnerabili, forti, onesti e tolleranti, riceviamo il riflesso delle nostre credenze sul tipo di rapporto che abbiamo col Creatore, cioè percepiamo il nostro Creatore e noi stessi alla presenza di quella forza creativa. Quindi la riflessione che vi offro rappresenta una possibilità che è in sé sottile e potente che provoca tutta una serie di implicazioni lungo l’arco di un’esistenza. Se ciò ha un senso per voi, bene, se non lo ha vi invito ad archiviare mentalmente queste informazioni e, se in futuro dovesse verificarsi  uno sgretolamento del vostro sistema di credenze, allora potrete andare a cercare questa cartella e lavorando su questo specchio, avrete un potente strumento a vostra disposizione. Lo specchio della madre e del padre, il vostro Creatore.
 


 

SESTO SPECCHIO

Il sesto specchio esseno dei rapporti umani ha un nome abbastanza infausto, infatti gli antichi lo chiamarono: l’Oscura notte dell’anima. Ma lo specchio in sé non è necessariamente altrettanto sinistro del suo nome.  Attraverso un’oscura notte dell’anima, ci viene ricordato che la vita tende verso l’equilibrio, che la natura tende  verso l’equilibrio e che ci vuole un essere estremamente  magistrale per bilanciare quell’equilibrio. Nel momento in cui affrontiamo le più grandi sfide della vita possiamo star certi che esse  divengono possibili solo dopo che abbiamo accumulato tutti gli strumenti che ci servono per superarle con grazia e con facilità, perché è quello il solo modo per superarle. Fino a che non abbiamo fatto nostri quegli strumenti non ci troveremo mai nelle situazioni che ci richiedono di dimostrare determinati livelli di abilità.  Quindi, da questa prospettiva, le sfide più alte della vita, quelle imposteci dai rapporti umani e forse  anche dalla nostra stessa sopravvivenza, possono essere percepite come delle grandi opportunità a nostra disposizione, per saggiare la nostra  abilità, anziché come dei test da superare o fallire. E’ proprio attraverso lo specchio della notte oscura dell’anima che vediamo noi stessi nudi, forse per la prima volta, senza l’emozione, il sentimento, ed il pensiero, senza tutte le architetture che ci siamo creati intorno per proteggerci. Attraverso questo specchio possiamo anche provare a noi stessi che il processo vitale è degno di fiducia ed anche che possiamo aver fiducia in noi stessi mentre viviamo. La notte oscura dell’anima rappresenta per noi l’opportunità di perdere tutto ciò che ci è sempre stato caro nella vita e di vedere noi stessi alla presenza e nella nudità di quel  niente. E proprio mentre ci arrampichiamo fuori dall’abisso di ciò che abbiamo perso e percepiamo noi stessi in una nuova luce, che esprimiamo i nostri più alti livelli di maestria. Gli antichi parlavano molto chiaramente della notte oscura dell’anima.

Quando lavoravo nella Bayer Area venne come paziente un giovane ingegnere, che aveva moglie e due figlie che amava molto.  Lavorava nel settore del software, dove la domanda era talmente alta che ben presto l’uomo cominciò a viaggiare molto. Dapprima  forniva consulenze tecniche, poi iniziò a prender parte a delle fiere commerciali  ed a trascorrere sempre meno tempo con la famiglia. Le poche volte  che restava a casa provava una sensazione di estraneità. C’era poco di cui parlare nel fine settimana.  Non sapeva cosa facevano  le figlie a scuola e la comunicazione fra lui e la moglie languiva. A un certo punto il suo ufficio assunse una donna di Los Angeles, sua coetanea, anch’essa ingegnere, e i due cominciarono ad essere inviati in missione insieme.  Non passa  molto tempo che l’uomo cominciò a credere di essere innamorato della donna e lei di lui.  Ad un certo punto la donna chiede di tornare a Los Angeles ed anche lui chiese il trasferimento da San Francisco, ottenendo un incarico proprio a Los Angeles. Il suo ufficio era molto dispiaciuto che se ne andasse  ed i suoi amici pensavano che fosse impazzito.  La sua famiglia soffriva molto. Lui pensò: “Mi dispiace di aver ferito questa gente, ma io vado ad iniziare la mia nuova vita” e si trasferì a Los Angeles.

Un bel giorno, dopo tre settimane, la donna tornò a casa e gli disse: “Sai il nostro rapporto non è quel che credevo  e vorrei che finisse qui”. L’uomo era sconvolto.  Che paura universale si era risvegliata in lui? Era il fatto che lei gli avesse chiesto di andarsene che l’aveva distrutto. Cominciò ad avere scarsi risultati sul lavoro.  Fu mantenuto in servizio per il periodo di prova e, siccome non migliorava, alla fine gli fu chiesto di dimettersi. Si ritrovò in una città estranea, senza amici, senza gruppo di sostegno, senza stipendio né lavoro e persino sulla lista nera di altre ditte dello stesso settore. Non aveva un luogo in cui tornare, perché aveva rinunciato a tutte le cose che gli erano state care. Il suo ufficio non lo rivoleva, la sua famiglia ed i suoi amici non erano disponibili. Venne da me e mi disse: “Cosa diavolo  mi sta succedendo? Come faccio a riprendermi la mia famiglia?” Io molto sinceramente gli risposi: “Congratulazioni!, perché il solo modo in cui qualcosa del genere è potuto succedere nella sua vita è grazie al fatto che Lei ha raggiunto il suo più alto livello di maestria”. Quando un essere umano conquista l’ultimo  tassello  di abilità, la  creazione si apre dinanzi a lui che diviene libero di esprime tale maestria  in qualunque cosa abbia creato nella vita.

Quando la vita è più dura, quando ci vengono poste delle sfide più  alte nel campo della salute, dei rapporti umani o  della sopravvivenza è perché noi stessi ci siamo creati quelle situazioni solo dopo aver accumulato tutti gli strumenti necessari a tirarcene fuori con grazia. Qualunque madre lo sa. Non ve l’ha mai detto vostra madre che Dio non vi da mai più problemi di quanti non riusciate a sopportarne? L’ho visto succedere mille volte: questioni di salute, malattie potenzialmente letali, implosioni emotive. So con certezza che  nella vita noi tendiamo verso l’equilibrio e che ci vuole un grosso sforzo per riuscire a sconvolgere quell’equilibrio e siccome siamo tutti dei  maestri, sappiamo bene come farlo. In quanto maestri noi abbiamo appreso come creare forte  disiquilibrio nelle nostre vite in modo da favorire il manifestarsi dello slancio che ci serve per dimostrare il grado di abilità da noi raggiunto. Ci viene offerta così un’opportunità rispetto alla quale non abbiamo nessun punto di riferimento, nessuno a cui chiedere o da cui andare. Non avendo mai avuto prima quella data esperienza, tutto ciò su cui possiamo contare è noi stessi ed è a quel punto che ci viene chiesto di rivolgerci verso i livelli più profondi del nostro essere.

 

 

SETTIMO SPECCHIO

 

Dalla prospettiva degli antichi, il settimo mistero dei rapporti umani o settimo specchio esseno era il più sottile e, per alcuni versi, anche il più difficile. E’ lo specchio che ci chiede di ammettere la possibilità  che ciascuna esperienza di vita, a prescindere dai suoi risultati, è di per sé perfetta e naturale. A parte il fatto che si riesca o meno a raggiungere gli alti traguardi che sono stati stabiliti per noi da altri, siamo  invitati a guardare i nostri  successi nella vita senza paragonarli a niente. Senza usare riferimenti esterni di nessun genere. Il solo modo in cui riusciamo a vederci sotto la luce del successo o del fallimento è quando misuriamo i nostri risultati, facendo uso di un  metro esterno. A quel punto sorge la seguente domanda: “A quale  modello ci stiamo rifacendo per misurare i nostri risultati? Quale metro usiamo?” Nella prospettiva di questo specchio ci viene  chiesto di ammettere la possibilità che ogni aspetto della nostra vita personale – qualsiasi aspetto  - sia perfetto così com’è. Dalla  forma e peso del nostro corpo ai nostri risultati in ambito accademico, aziendale o sportivo.  Ci renderemo conto insieme che, in effetti, questo è vero  e che un risultato può essere sottoposto a giudizio solo quando viene paragonato ad un riferimento esterno. Siamo quindi  invitati a permettere a noi stessi di essere il solo punto di riferimento per i risultati che raggiungiamo. Gli antichi consideravano l’ultimo specchio come il più impercettibile e per illustrarvelo vi racconterò un paio di storie.

Verso la fine del mio periodo aziendale condividevo  l’ufficio con una collega, perché lo spazio di lavoro a disposizione era limitato. Avevamo mansioni molto diverse. Siccome non c’era competizione fra noi, parlavamo e pranzavamo insieme spesso, diventando ottimi amici. Un giorno, tornato in ufficio dopo la pausa pranzo, la  vidi sbiancare  e sedersi mentre ascoltava i suoi messaggi in segreteria. Le chiesi cosa  fosse successo e lei mi raccontò una storia che io sto per raccontare  anche a voi al fine di  illustrare il settimo specchio esseno. La mia collega aveva un’amica, sua coetanee, madre di una ragazza che si era diplomata un paio di anni prima.  Era una bellissima ragazza, piena di talento, molto sportiva, brava a scuola, dotata di ottime capacità artistiche che aveva deciso, d’accordo con i genitori, di fare la modella dopo il diploma. Dopo aver svolto alcuni ottimi servizi da modella ed aver frequentato una scuola specializzata di New York aveva completato  un’altra serie di incarichi e stava avviandosi verso una carriera di successo. Finiti quei primi servizi le agenzie cominciarono a dirle che per quel tipo di lavoro avrebbe dovuto cambiare un po’ il suo aspetto.  Inizialmente le suggerirono di intervenire su cose semplici come  il giro vita e la misura del seno, che venne  aumentata per mezzo di un intervento chirurgico. I suoi genitori erano d’accordo perché sapevano che la professione lo richiedeva. Non passò molto tempo che le agenzie cominciarono  ad esigere forme più estreme di cambiamento. Per esempio, quando la ragazza sorrideva aveva una sovraocclusione – che era pur gradevole da vedere – e le fu detto che una modella non poteva permetterselo e le chiesero di farsi operare. Lei obbedì, le sue mascelle vennero rotte e ricomposte.  Immobilizzate con strumenti metallici, ma, onestamente, io ho visto foto di prima e dopo l’intervento, c’era ben poca differenza. Mentre  le mascelle erano immobilizzate, la ragazza dovette limitare la sua dieta e dimagrì molto, il che di solito è desiderabile per una modella. In seguito alla perdita di peso le sue costole inferiori cominciarono ad essere più visibili. La gente del suo ambiente disse alla ragazza che non era un problema, si poteva risolvere tutto chirurgicamente. Infatti la ragazza  si sottopose ad un intervento in cui le vennero asportate le costole fluttuanti inferiori.  E a quel punto cominciò a succederle qualcosa. 

Forse  sapete già che il perso corporeo attraversa delle fasi. Io stesso sono stato un podista a livello agonistico, per molti anni e c’erano periodi in cui potevo mangiare qualunque cosa senza  riuscire ad aumentare di peso, mentre in altri periodi bastava semplicemente pensare al  cibo per ingrassare. E’ come se il corpo entrasse in una sua fase. Può capitare di smettere di mangiare per un po’, mantenendo lo stesso peso costante o persino ingrassare, oppure  cominciare a perdere peso. Poi, decidere di smettere e l’organismo invece continua a dimagrire, anche se si mangia normalmente. Questo è proprio ciò che accadde alla ragazza. Era entrata in una fase inarrestabile di dimagrimento e la telefonata che la  mia collega aveva ricevuto quella mattina era della madre della giovane che, dall’ospedale le aveva comunicato la morte della figlia in seguito a complicazioni derivanti da malnutrizione. La giovane donna era stata portata all’ospedale perché il suo corpo non riusciva ad adattarsi a quel peso. La domanda che mi posi fu questa: “Perché questo è successo? Qual è la ragione?” 

Ancora un’altra storia. Alcuni mesi fa Melissa ed io ci siamo messi in viaggio. Per partire da casa nostra bisogna prendere in tutti i modi l’aereo ad Abuquerque ed usando certe compagnie aeree, di cui non faccio il nome,  bisogna passare per Dallas prima di  poter andare da qualunque parte.  Quindi quando andavo a Toronto, dovevo volare fino a Dallas per arrivare a destinazione o a Kansas City per arrivare a Dallas. Se  siete stati all’aereoporto di Dallas sapete che è enorme e che c’è una  rete tranviaria – teoricamente, quando funziona - per portare i passeggeri da un terminal all’altro e, se funziona, è un ottima rete. Normalmente  succede questo: si arriva all’uscita No. 6 e si deve  andare all’uscita 44 che è distante mezzo miglio. Quel giorno eravamo in attesa dei tram  ai piedi di una lunga  scala mobile e davanti a noi c’era una coppia di anziani.  Una donna e un uomo, apparentemente duro di udito. I due erano impegnati in un fitto dialogo in cui esprimevano  giudizi sulla gente.  Sembrava essere la loro attività abituale, tanto erano a loro agio nel farlo.  Mano a mano che arrivava  qualcuno dicevano: “Toh! Guarda quello come è vestito!” oppure “Guarda quella lì, hai visto che orecchini?” A un tratto, con la coda dell’occhio, ho visto scendere  dalla scala mobile una donna molto grassa.  Una volta avevo  un cliente che pesava 200 chili e so che  quella donna poteva pesare sui 180 chili. La donna reggeva una valigia vecchio stile, di linoleum con fibbie di metallo; c’erano più di 40 gradi a Dallas quel giorno e sicuramente la donna doveva avere un buon motivo per essersi messa in viaggio con quel caldo, viaggiando in quei sedili scomodi per lei con le caviglie gonfie e trascinandosi dietro quella brutta valigia. Venne a mettersi  proprio accanto a noi e la coppia continuò a fare i suoi commenti come prima e, siccome l’uomo era duro di orecchi, noi tutti sentimmo quando disse alla moglie: “Guarda quella donna, non è terribile? Perché non fa qualcosa per sé stessa? Si dovrebbe vergognare di farsi vedere in giro in quello stato!” Era una rara opportunità, io ero qui, la coppia era qui e la donna grassa era lì. Ed io credo che tacitamente  lei acconsentì a lasciarsi guardare negli occhi da me, perché mi guardò direttamente in volto. Anch’io la guardai direttamente negli occhi e lei non disse una parola, ma so che aveva udito tutto ciò che era stato detto. Stette zitta e mentre aspettavamo il tram i suoi occhi si riempirono di lacrime.  Divenne rossa  in viso ed era chiaro che stava tenendo duro per non piangere. Quel commento l’aveva ferita. Salimmo sul tram. La coppia si mise accanto a me e scambiammo quattro chiacchiere. Erano persone per bene, non avevano intenti malevoli. Avevano solo quell’abitudine inconscia a criticare.  In quel momento  seppi che avevamo avuto tutti una rara opportunità. La donna aveva avuto l’opportunità di sentirsi giudicare; la coppia  aveva avuto l’opportunità di giudicare qualcuno ed io avevo avuto  l’opportunità di esserne testimone. Entrambe le storie illustrano  il settimo  mistero esseno dei rapporti umani, il mistero del  ricercare la perfezione nell’imperfezione della vita.  La giovane  donna che aveva perso la vita, con quali standard si misurava? L’avevano fatta sentire imperfetta e l’avevano costretta a cambiare il corpo che  le era stato dato in questa vita. Che metro aveva usato? Quanto alla coppia che aveva percepito la donna come grassa e a me, che la descrivo come tale a voi adesso,  fino a che non paragonate la vostra esperienza  di vita ad un referente esterno, come potete non essere perfetti? 

Ciò che vi raccomando è questo: siate consapevoli del modello a cui vi rifate per misurare i vostri risultati. Che metro usate nella vita? In base a che cosa distinguete  fra la vostra riuscita ed il vostro fallimento? Mettiamola così: io potrei darvi un foglio con una lista di criteri e dirvi di parlarmi delle vostre abilità sportive, delle vostre abilità accademiche, comunicative o amorose.  Chiedere: Siete dei bravi amanti? E’ sempre una buona domanda. Non vi concederei più di 15 secondi per darmi una risposta, perché, a prescindere da cosa risponderete, se vi siete descritti come esseri meno che perfetti, a che cosa vi siete paragonati? Come fate a dire che state facendo qualcosa  di non perfetto a meno che non facciate riferimento a qualcosa che sta  al di fuori di voi stessi? Ne parlavamo proprio ieri quando sono  andato nella sala proiezioni per vedere la registrazione di questo video che i tecnici erano riluttanti a mostrarmela perché c’era la sensazione che avrei potuto essere critico verso me stesso.  Se io incarno questo  specchio, se io vi do il meglio di me nel momento presente, il risultato è perfetto, fino a quando non mi paragono a qualcun altro. E’ perfetto, è il meglio che può essere in questo momento. Questo per gli Esseni è il nodo più delicato, perché siamo così pronti a giudicare noi stessi. Siamo noi i nostri critici più agguerriti.  Quindi vi invito ad esaminare la vostra vita ed a individuare le aree in cui sentite di non essere felici di voi stessi. Questo può accadere soltanto se non avete fatto del vostro meglio oppure se avete  fatto del vostro meglio e vi siete paragonati a qualcun altro.  Che metro usate?  Nella nostra  cultura, che metro usiamo? Noi veniamo paragonati a Gesù.  Sapete  che cosa ha detto quest’uomo quando era qui? Disse: “Voi pensate che le cose che sto facendo io siano fantastiche, allora aspettate di vedere quello che sarete capaci di fare voi fra 2000 anni.”  Sto parafrasando un po’. Disse anche: “Non mettetemi su di un piedistallo, voi siete molto, molto più bravi di me se realizzate il potere che c’è in voi, il potere del pensiero, del sentimento e dell’emozione e di ciò che farete con esso”. Questo è il settimo specchio esseno dei rapporti umani, lo specchio della perfezione. 

Questi sette specchi dei rapporti umani sono potenti, ci forniscono delle profonde intuizioni sul perché abbiamo vissuto la nostra vita in un certo modo e abbiamo avuto determinati rapporti umani. Gli Esseni ci ricordano che ciascuno di noi passerà attraverso ogni specchio durante la propria vita, che ne siamo coscienti o no. Spesso ci muoveremo in molti specchi simultaneamente perché siamo maestri e lo diventiamo sempre di più in questa vita. Nel passare attraverso gli specchi, noi procediamo attraverso la nostra vita, forse senza nemmeno renderci conto del perché facciamo queste cose.  Sarebbe bello se ogni mattina si accendesse una bella luce al neon che ci dicesse: “Oggi, dopo aver fatto colazione, dopo che i tuoi familiari sono usciti, puoi cominciare il tuo lavoro sull’oscura notte dell’anima”. La vita non funziona  così. Siamo invitati a conoscere noi stessi in presenza di altri, attraverso i nostri rapporti umani e quando quei rapporti sono sanati, noi diventiamo il beneficio di quella guarigione e lo portiamo in noi nel sogno ad occhi aperti della vita, camminando tra i due mondi del cielo e della terra.

 Testi tratti da Gregg Braden - Camminare tra i mondi