Ad ogni relazione, uno specchio.
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QUINTO SPECCHIO
SESTO SPECCHIO
Il sesto specchio esseno dei rapporti umani ha un nome abbastanza infausto, infatti gli antichi lo chiamarono: l’Oscura notte dell’anima. Ma lo specchio in sé non è necessariamente altrettanto sinistro del suo nome. Attraverso un’oscura notte dell’anima, ci viene ricordato che la vita tende verso l’equilibrio, che la natura tende verso l’equilibrio e che ci vuole un essere estremamente magistrale per bilanciare quell’equilibrio. Nel momento in cui affrontiamo le più grandi sfide della vita possiamo star certi che esse divengono possibili solo dopo che abbiamo accumulato tutti gli strumenti che ci servono per superarle con grazia e con facilità, perché è quello il solo modo per superarle. Fino a che non abbiamo fatto nostri quegli strumenti non ci troveremo mai nelle situazioni che ci richiedono di dimostrare determinati livelli di abilità. Quindi, da questa prospettiva, le sfide più alte della vita, quelle imposteci dai rapporti umani e forse anche dalla nostra stessa sopravvivenza, possono essere percepite come delle grandi opportunità a nostra disposizione, per saggiare la nostra abilità, anziché come dei test da superare o fallire. E’ proprio attraverso lo specchio della notte oscura dell’anima che vediamo noi stessi nudi, forse per la prima volta, senza l’emozione, il sentimento, ed il pensiero, senza tutte le architetture che ci siamo creati intorno per proteggerci. Attraverso questo specchio possiamo anche provare a noi stessi che il processo vitale è degno di fiducia ed anche che possiamo aver fiducia in noi stessi mentre viviamo. La notte oscura dell’anima rappresenta per noi l’opportunità di perdere tutto ciò che ci è sempre stato caro nella vita e di vedere noi stessi alla presenza e nella nudità di quel niente. E proprio mentre ci arrampichiamo fuori dall’abisso di ciò che abbiamo perso e percepiamo noi stessi in una nuova luce, che esprimiamo i nostri più alti livelli di maestria. Gli antichi parlavano molto chiaramente della notte oscura dell’anima.
Quando lavoravo nella Bayer Area venne come paziente un giovane ingegnere, che aveva moglie e due figlie che amava molto. Lavorava nel settore del software, dove la domanda era talmente alta che ben presto l’uomo cominciò a viaggiare molto. Dapprima forniva consulenze tecniche, poi iniziò a prender parte a delle fiere commerciali ed a trascorrere sempre meno tempo con la famiglia. Le poche volte che restava a casa provava una sensazione di estraneità. C’era poco di cui parlare nel fine settimana. Non sapeva cosa facevano le figlie a scuola e la comunicazione fra lui e la moglie languiva. A un certo punto il suo ufficio assunse una donna di Los Angeles, sua coetanea, anch’essa ingegnere, e i due cominciarono ad essere inviati in missione insieme. Non passa molto tempo che l’uomo cominciò a credere di essere innamorato della donna e lei di lui. Ad un certo punto la donna chiede di tornare a Los Angeles ed anche lui chiese il trasferimento da San Francisco, ottenendo un incarico proprio a Los Angeles. Il suo ufficio era molto dispiaciuto che se ne andasse ed i suoi amici pensavano che fosse impazzito. La sua famiglia soffriva molto. Lui pensò: “Mi dispiace di aver ferito questa gente, ma io vado ad iniziare la mia nuova vita” e si trasferì a Los Angeles.
Un bel giorno, dopo tre settimane, la donna tornò a casa e gli disse: “Sai il nostro rapporto non è quel che credevo e vorrei che finisse qui”. L’uomo era sconvolto. Che paura universale si era risvegliata in lui? Era il fatto che lei gli avesse chiesto di andarsene che l’aveva distrutto. Cominciò ad avere scarsi risultati sul lavoro. Fu mantenuto in servizio per il periodo di prova e, siccome non migliorava, alla fine gli fu chiesto di dimettersi. Si ritrovò in una città estranea, senza amici, senza gruppo di sostegno, senza stipendio né lavoro e persino sulla lista nera di altre ditte dello stesso settore. Non aveva un luogo in cui tornare, perché aveva rinunciato a tutte le cose che gli erano state care. Il suo ufficio non lo rivoleva, la sua famiglia ed i suoi amici non erano disponibili. Venne da me e mi disse: “Cosa diavolo mi sta succedendo? Come faccio a riprendermi la mia famiglia?” Io molto sinceramente gli risposi: “Congratulazioni!, perché il solo modo in cui qualcosa del genere è potuto succedere nella sua vita è grazie al fatto che Lei ha raggiunto il suo più alto livello di maestria”. Quando un essere umano conquista l’ultimo tassello di abilità, la creazione si apre dinanzi a lui che diviene libero di esprime tale maestria in qualunque cosa abbia creato nella vita.
Quando la vita è più dura, quando ci vengono poste delle sfide più alte nel campo della salute, dei rapporti umani o della sopravvivenza è perché noi stessi ci siamo creati quelle situazioni solo dopo aver accumulato tutti gli strumenti necessari a tirarcene fuori con grazia. Qualunque madre lo sa. Non ve l’ha mai detto vostra madre che Dio non vi da mai più problemi di quanti non riusciate a sopportarne? L’ho visto succedere mille volte: questioni di salute, malattie potenzialmente letali, implosioni emotive. So con certezza che nella vita noi tendiamo verso l’equilibrio e che ci vuole un grosso sforzo per riuscire a sconvolgere quell’equilibrio e siccome siamo tutti dei maestri, sappiamo bene come farlo. In quanto maestri noi abbiamo appreso come creare forte disiquilibrio nelle nostre vite in modo da favorire il manifestarsi dello slancio che ci serve per dimostrare il grado di abilità da noi raggiunto. Ci viene offerta così un’opportunità rispetto alla quale non abbiamo nessun punto di riferimento, nessuno a cui chiedere o da cui andare. Non avendo mai avuto prima quella data esperienza, tutto ciò su cui possiamo contare è noi stessi ed è a quel punto che ci viene chiesto di rivolgerci verso i livelli più profondi del nostro essere.
SETTIMO SPECCHIO
Dalla prospettiva degli antichi, il settimo mistero dei rapporti umani o settimo specchio esseno era il più sottile e, per alcuni versi, anche il più difficile. E’ lo specchio che ci chiede di ammettere la possibilità che ciascuna esperienza di vita, a prescindere dai suoi risultati, è di per sé perfetta e naturale. A parte il fatto che si riesca o meno a raggiungere gli alti traguardi che sono stati stabiliti per noi da altri, siamo invitati a guardare i nostri successi nella vita senza paragonarli a niente. Senza usare riferimenti esterni di nessun genere. Il solo modo in cui riusciamo a vederci sotto la luce del successo o del fallimento è quando misuriamo i nostri risultati, facendo uso di un metro esterno. A quel punto sorge la seguente domanda: “A quale modello ci stiamo rifacendo per misurare i nostri risultati? Quale metro usiamo?” Nella prospettiva di questo specchio ci viene chiesto di ammettere la possibilità che ogni aspetto della nostra vita personale – qualsiasi aspetto - sia perfetto così com’è. Dalla forma e peso del nostro corpo ai nostri risultati in ambito accademico, aziendale o sportivo. Ci renderemo conto insieme che, in effetti, questo è vero e che un risultato può essere sottoposto a giudizio solo quando viene paragonato ad un riferimento esterno. Siamo quindi invitati a permettere a noi stessi di essere il solo punto di riferimento per i risultati che raggiungiamo. Gli antichi consideravano l’ultimo specchio come il più impercettibile e per illustrarvelo vi racconterò un paio di storie.
Verso la fine del mio periodo aziendale condividevo l’ufficio con una collega, perché lo spazio di lavoro a disposizione era limitato. Avevamo mansioni molto diverse. Siccome non c’era competizione fra noi, parlavamo e pranzavamo insieme spesso, diventando ottimi amici. Un giorno, tornato in ufficio dopo la pausa pranzo, la vidi sbiancare e sedersi mentre ascoltava i suoi messaggi in segreteria. Le chiesi cosa fosse successo e lei mi raccontò una storia che io sto per raccontare anche a voi al fine di illustrare il settimo specchio esseno. La mia collega aveva un’amica, sua coetanee, madre di una ragazza che si era diplomata un paio di anni prima. Era una bellissima ragazza, piena di talento, molto sportiva, brava a scuola, dotata di ottime capacità artistiche che aveva deciso, d’accordo con i genitori, di fare la modella dopo il diploma. Dopo aver svolto alcuni ottimi servizi da modella ed aver frequentato una scuola specializzata di New York aveva completato un’altra serie di incarichi e stava avviandosi verso una carriera di successo. Finiti quei primi servizi le agenzie cominciarono a dirle che per quel tipo di lavoro avrebbe dovuto cambiare un po’ il suo aspetto. Inizialmente le suggerirono di intervenire su cose semplici come il giro vita e la misura del seno, che venne aumentata per mezzo di un intervento chirurgico. I suoi genitori erano d’accordo perché sapevano che la professione lo richiedeva. Non passò molto tempo che le agenzie cominciarono ad esigere forme più estreme di cambiamento. Per esempio, quando la ragazza sorrideva aveva una sovraocclusione – che era pur gradevole da vedere – e le fu detto che una modella non poteva permetterselo e le chiesero di farsi operare. Lei obbedì, le sue mascelle vennero rotte e ricomposte. Immobilizzate con strumenti metallici, ma, onestamente, io ho visto foto di prima e dopo l’intervento, c’era ben poca differenza. Mentre le mascelle erano immobilizzate, la ragazza dovette limitare la sua dieta e dimagrì molto, il che di solito è desiderabile per una modella. In seguito alla perdita di peso le sue costole inferiori cominciarono ad essere più visibili. La gente del suo ambiente disse alla ragazza che non era un problema, si poteva risolvere tutto chirurgicamente. Infatti la ragazza si sottopose ad un intervento in cui le vennero asportate le costole fluttuanti inferiori. E a quel punto cominciò a succederle qualcosa.
Forse sapete già che il perso corporeo attraversa delle fasi. Io stesso sono stato un podista a livello agonistico, per molti anni e c’erano periodi in cui potevo mangiare qualunque cosa senza riuscire ad aumentare di peso, mentre in altri periodi bastava semplicemente pensare al cibo per ingrassare. E’ come se il corpo entrasse in una sua fase. Può capitare di smettere di mangiare per un po’, mantenendo lo stesso peso costante o persino ingrassare, oppure cominciare a perdere peso. Poi, decidere di smettere e l’organismo invece continua a dimagrire, anche se si mangia normalmente. Questo è proprio ciò che accadde alla ragazza. Era entrata in una fase inarrestabile di dimagrimento e la telefonata che la mia collega aveva ricevuto quella mattina era della madre della giovane che, dall’ospedale le aveva comunicato la morte della figlia in seguito a complicazioni derivanti da malnutrizione. La giovane donna era stata portata all’ospedale perché il suo corpo non riusciva ad adattarsi a quel peso. La domanda che mi posi fu questa: “Perché questo è successo? Qual è la ragione?”
Ancora un’altra storia. Alcuni mesi fa Melissa ed io ci siamo messi in viaggio. Per partire da casa nostra bisogna prendere in tutti i modi l’aereo ad Abuquerque ed usando certe compagnie aeree, di cui non faccio il nome, bisogna passare per Dallas prima di poter andare da qualunque parte. Quindi quando andavo a Toronto, dovevo volare fino a Dallas per arrivare a destinazione o a Kansas City per arrivare a Dallas. Se siete stati all’aereoporto di Dallas sapete che è enorme e che c’è una rete tranviaria – teoricamente, quando funziona - per portare i passeggeri da un terminal all’altro e, se funziona, è un ottima rete. Normalmente succede questo: si arriva all’uscita No. 6 e si deve andare all’uscita 44 che è distante mezzo miglio. Quel giorno eravamo in attesa dei tram ai piedi di una lunga scala mobile e davanti a noi c’era una coppia di anziani. Una donna e un uomo, apparentemente duro di udito. I due erano impegnati in un fitto dialogo in cui esprimevano giudizi sulla gente. Sembrava essere la loro attività abituale, tanto erano a loro agio nel farlo. Mano a mano che arrivava qualcuno dicevano: “Toh! Guarda quello come è vestito!” oppure “Guarda quella lì, hai visto che orecchini?” A un tratto, con la coda dell’occhio, ho visto scendere dalla scala mobile una donna molto grassa. Una volta avevo un cliente che pesava 200 chili e so che quella donna poteva pesare sui 180 chili. La donna reggeva una valigia vecchio stile, di linoleum con fibbie di metallo; c’erano più di 40 gradi a Dallas quel giorno e sicuramente la donna doveva avere un buon motivo per essersi messa in viaggio con quel caldo, viaggiando in quei sedili scomodi per lei con le caviglie gonfie e trascinandosi dietro quella brutta valigia. Venne a mettersi proprio accanto a noi e la coppia continuò a fare i suoi commenti come prima e, siccome l’uomo era duro di orecchi, noi tutti sentimmo quando disse alla moglie: “Guarda quella donna, non è terribile? Perché non fa qualcosa per sé stessa? Si dovrebbe vergognare di farsi vedere in giro in quello stato!” Era una rara opportunità, io ero qui, la coppia era qui e la donna grassa era lì. Ed io credo che tacitamente lei acconsentì a lasciarsi guardare negli occhi da me, perché mi guardò direttamente in volto. Anch’io la guardai direttamente negli occhi e lei non disse una parola, ma so che aveva udito tutto ciò che era stato detto. Stette zitta e mentre aspettavamo il tram i suoi occhi si riempirono di lacrime. Divenne rossa in viso ed era chiaro che stava tenendo duro per non piangere. Quel commento l’aveva ferita. Salimmo sul tram. La coppia si mise accanto a me e scambiammo quattro chiacchiere. Erano persone per bene, non avevano intenti malevoli. Avevano solo quell’abitudine inconscia a criticare. In quel momento seppi che avevamo avuto tutti una rara opportunità. La donna aveva avuto l’opportunità di sentirsi giudicare; la coppia aveva avuto l’opportunità di giudicare qualcuno ed io avevo avuto l’opportunità di esserne testimone. Entrambe le storie illustrano il settimo mistero esseno dei rapporti umani, il mistero del ricercare la perfezione nell’imperfezione della vita. La giovane donna che aveva perso la vita, con quali standard si misurava? L’avevano fatta sentire imperfetta e l’avevano costretta a cambiare il corpo che le era stato dato in questa vita. Che metro aveva usato? Quanto alla coppia che aveva percepito la donna come grassa e a me, che la descrivo come tale a voi adesso, fino a che non paragonate la vostra esperienza di vita ad un referente esterno, come potete non essere perfetti?
Ciò che vi raccomando è questo: siate consapevoli del modello a cui vi rifate per misurare i vostri risultati. Che metro usate nella vita? In base a che cosa distinguete fra la vostra riuscita ed il vostro fallimento? Mettiamola così: io potrei darvi un foglio con una lista di criteri e dirvi di parlarmi delle vostre abilità sportive, delle vostre abilità accademiche, comunicative o amorose. Chiedere: Siete dei bravi amanti? E’ sempre una buona domanda. Non vi concederei più di 15 secondi per darmi una risposta, perché, a prescindere da cosa risponderete, se vi siete descritti come esseri meno che perfetti, a che cosa vi siete paragonati? Come fate a dire che state facendo qualcosa di non perfetto a meno che non facciate riferimento a qualcosa che sta al di fuori di voi stessi? Ne parlavamo proprio ieri quando sono andato nella sala proiezioni per vedere la registrazione di questo video che i tecnici erano riluttanti a mostrarmela perché c’era la sensazione che avrei potuto essere critico verso me stesso. Se io incarno questo specchio, se io vi do il meglio di me nel momento presente, il risultato è perfetto, fino a quando non mi paragono a qualcun altro. E’ perfetto, è il meglio che può essere in questo momento. Questo per gli Esseni è il nodo più delicato, perché siamo così pronti a giudicare noi stessi. Siamo noi i nostri critici più agguerriti. Quindi vi invito ad esaminare la vostra vita ed a individuare le aree in cui sentite di non essere felici di voi stessi. Questo può accadere soltanto se non avete fatto del vostro meglio oppure se avete fatto del vostro meglio e vi siete paragonati a qualcun altro. Che metro usate? Nella nostra cultura, che metro usiamo? Noi veniamo paragonati a Gesù. Sapete che cosa ha detto quest’uomo quando era qui? Disse: “Voi pensate che le cose che sto facendo io siano fantastiche, allora aspettate di vedere quello che sarete capaci di fare voi fra 2000 anni.” Sto parafrasando un po’. Disse anche: “Non mettetemi su di un piedistallo, voi siete molto, molto più bravi di me se realizzate il potere che c’è in voi, il potere del pensiero, del sentimento e dell’emozione e di ciò che farete con esso”. Questo è il settimo specchio esseno dei rapporti umani, lo specchio della perfezione.
Questi sette specchi dei rapporti umani sono potenti, ci forniscono delle profonde intuizioni sul perché abbiamo vissuto la nostra vita in un certo modo e abbiamo avuto determinati rapporti umani. Gli Esseni ci ricordano che ciascuno di noi passerà attraverso ogni specchio durante la propria vita, che ne siamo coscienti o no. Spesso ci muoveremo in molti specchi simultaneamente perché siamo maestri e lo diventiamo sempre di più in questa vita. Nel passare attraverso gli specchi, noi procediamo attraverso la nostra vita, forse senza nemmeno renderci conto del perché facciamo queste cose. Sarebbe bello se ogni mattina si accendesse una bella luce al neon che ci dicesse: “Oggi, dopo aver fatto colazione, dopo che i tuoi familiari sono usciti, puoi cominciare il tuo lavoro sull’oscura notte dell’anima”. La vita non funziona così. Siamo invitati a conoscere noi stessi in presenza di altri, attraverso i nostri rapporti umani e quando quei rapporti sono sanati, noi diventiamo il beneficio di quella guarigione e lo portiamo in noi nel sogno ad occhi aperti della vita, camminando tra i due mondi del cielo e della terra.
Testi tratti da Gregg Braden - Camminare tra i mondi